Adorazione dei Magi
Adorazione dei Magi
1731-1732
olio su tela, cm 100 x 208
provenienza: Napoli, eredità Francesco De Mura (1782) inv. Spadetta 1782: s.n.; inv. Palumbo 1782: s.n.; inv. [Venuto 1783?]: s.n.; inv. Fischetti, Bardellino I 1783: 92; inv. Fischetti, Bardellino II 1783: 92; inv. Diana 1802: 184; inv. La Volpe, Guerra 1845: 184; inv. Simonetti 1851: s.n.; inv. 2009-2010: 59; scheda OA: 15/00409981
Questo bozzetto notevole è relativo all’affresco, firmato e datato (“Fran[ces]co de Mura F[ecit] A[nno] D[omini] 1732”), nel catino absidale della Santissima Annunziata, da sempre nota a tutti come Nunziatella, la nuova chiesa dell’allora Noviziato dei Gesuiti a Pizzofalcone (oggi Scuola Militare; fig. 1). Posata la prima pietra il 25 marzo 1713, l’inaugurazione della chiesa avvenne il 13 novembre 1732, in occasione della festività di san Stanislao Kostka, novizio polacco e campione della gioventù e della scuola dei Gesuiti, canonizzato da Benedetto XIII nel 1726 (Iappelli 1987). La tribuna, splendidamente incrostata di marmi policromi, presenta inoltre un ciclo coevo di tele di Ludovico Mazzanti, con l’Annunciazione al centro.
Dopo le aperture e le indagini di Richard Bösel (1985) sull’architettura della Compagnia di Gesù, la vicenda progettuale, costruttiva e ornamentale della Nunziatella, uno degli interni sacri più organici e pregiati del Settecento non solo locale, è stata recentemente oggetto di revisione monografica (Bisogno 2018, con bibliografia precedente). Una delle questioni più problematiche riguarda il coinvolgimento dell’architetto Ferdinando Sanfelice. Comunque sia, in questa chiesa realizzata ex novo, e dunque senza compromessi di preesistenze e stratificazioni, né significative alterazioni successive, s’invera ad alto grado l’idea di decorazione integrata, dall’impianto ai volumi, tra i dipinti e i marmi: è, per eccellenza, lo spazio-colore del tardo barocco napoletano. De Mura vi lavorò in due momenti distinti e distanziati nel tempo.
Il quadro in esame ci riporta al primo intervento (riguardo al secondo, ch’ebbe luogo alla metà del Settecento, e per i relativi bozzetti, già al Pio Monte, cfr. qui cat. III.1.114; sull’intero ciclo: Enggass 1964; Di Maggio 1987; Rizzo 1989; Di Maggio 1999; Roettgen 2007). Per la decorazione absidale in questione, uno dei capolavori acclarati della prima maturità dell’artista, ormai autonomo da Solimena all’incirca da un lustro, è nota almeno una polizza di pagamento: De Mura aveva ricevuto nel settembre del 1731 un acconto da padre Domenico Ludovici, allora rettore del Noviziato e famoso poeta ed epigrafista (Giambattista Vico lo disse il “Tibullo cristiano”: Errichetti 1979), maturando il saldo, per un totale di 470 ducati, giusto un anno dopo, da padre Francesco Scacchi; e nella somma era incluso il compenso per la pala d’altare destinata alla Cappella di San Francesco Saverio (Rizzo 1989). Questa fase di lavori comprende anche l’altra pala d’altare di De Mura raffigurante la Madonna col Bambino e sant’Ignazio di Loyola per la cappella adiacente, dedicata appunto a Sant’Ignazio, sul lato sinistro dell’unica navata. Di tale dipinto, documentato da un’altra polizza alla fine del 1732 (Rizzo 1989), si conosce pure il bozzetto, già creduto di Solimena, e ora spettante alle raccolte di Capodimonte (N. Spinosa in Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte. Dipinti del XVIII secolo 2010). Non è questa, si capisce, la sede per riepilogare e commentare l’iter delle consulte dei padri nel Noviziato napoletano in merito al problema della decorazione pittorica, che condusse agli esiti che conosciamo (per cui si vedano Iappelli 1987; Iappelli 1993; Bisogno 2015; Russo 2017; Bisogno 2018). Se ne parlò per tempo, già dal 1726, quando il candidato principale, prima dell’affermazione di De Mura, era Paolo de Matteis. Peraltro nelle consulte non ci sono riferimenti specifici alla pittura dell’abside, dandosi essa per implicita nelle discussioni più generali inerenti all’ornamento della volta. E basti qui ricordare che tra i proponimenti più fermi e fondati – come emerge dalla seduta del 20 ottobre 1726 – c’era che il soffitto venisse necessariamente dipinto, e non solo dorato (come pure s’era proposto in alternativa): “essendosi cominciato il lavoro de’ marmi per tutta la chiesa, non pareva che stasse bene l’oro nella volta, perché i marmi esigevano la pittura”. Da altra documentazione, inoltre, parebbe che in un primo momento i committenti volessero servirsi, nel catino absidale, di Gerolamo Cenatiempo, pagato tra il 1729 e il 1730 per “la macchia della pittura della volta della tribuna” (cfr. Bisogno 2018, che però avverte che “i pagamenti a lui corrisposti in questo periodo attengono a una liquidazione del pittore per il lavoro svolto”). La notizia attende forse ulteriori verifiche, ma, se così andò, naturalmente non possiamo non rallegrarci che De Mura sia subentrato nel lavoro a Cenatiempo, peraltro impegnato in altri spazi della chiesa, e pittore ben più modesto.
Il punto di stile evidenziato dal nostro quadro è prossimo a quello dei due bozzetti, conservati nella collezione Molinari Pradelli a Marano di Castenaso (Bologna), per i dipinti della Cappella di San Bertario già nella chiesa abbaziale di Montecassino, di cui De Mura fu incaricato nel 1731 (cfr. A. Brogi in Barocco italiano 1995): vi si nota, per esempio, oltre alla ricorrenza dei tipi, la medesima scrittura un po’ fratta e scheggiata dei panneggi, che per lo più tende a distendersi nella stesura pittorica finale. De Mura aveva sperimentato il tema dell’Adorazione dei Magi in grande formato per la tela nella chiesa di Santa Maria Donnaromita a Napoli (1727- 1728: Rizzo 1978), il cui bozzetto, già al Pio Monte, e donato nel 1882 al conservatorio delle figlie dei notai di Napoli, è stato di recente rintracciato (Russo 2019): l’esempio di Solimena vi si registra ancor forte. Di qui De Mura sviluppa l’invenzione nel bozzetto in esame e la adatta alla concavità del catino, con alcune modifiche, per esempio sopprimendo le architetture studiate appunto nella tela, nient’affatto indispensabili alla redazione a fresco, e sostituendole con alberi frondosi, più consoni a inarcarsi sulla superficie curva e raccolta della semi-calotta. Nondimeno quelle architetture dipinte tradiscono, sia pur in forme meno solenni, il retaggio – del resto attualissimo – dello sfondo nel murale della controfacciata al Gesù Nuovo, pubblicato da Solimena nel 1725 (sulla probabile presenza del giovane De Mura in quest’impresa del suo maestro cfr. da ultimo Causa 2014). L’altro riferimento – si è giustamente detto – era il precedente Solimena della sacrestia di San Domenico Maggiore; un riferimento venerato e insieme eluso dal maggiore dei suoi allievi. Alla Nunziatella, “inoltre, ingrandendo leggermente la proporzione delle figure in primo piano, nell’affresco il De Mura porta avanti tutta la scena e aumenta il senso di contatto con lo spettatore” (Enggass 1964). Il che sembra in linea, d’altronde, con quel sentimento da teatro sacro, coinvolgente per il fedele, cui puntavano le strategie retoriche di persuasione dei Gesuiti (Rizzo 1989). Ma soprattutto il pittore, passando dallo studio all’affresco, apre all’aria e mette tutto in un chiarore inedito, che unisce la partitura cromatica: “colore che diventa, pertanto, luccicante, vivissimo, tutto intriso di luce, liquescente” (Rizzo 1978, col richiamo alla “lattea bellezza d’atmosfera” evocata per il miglior De Mura da Bologna 1962a); colore tuttavia non meno efficace in senso struttivo e compositivo (per questioni tecniche e di restauro cfr. Di Maggio 1991; un bel passo sull’Adorazione dei Magi alla Nunziatella, nella vicenda della pittura settecentesca a fresco al Meridione, è di Causa 1998). Specialmente di Vincenzo Rizzo (1989), poi, il merito non piccolo d’aver valorizzato coi documenti il ruolo munifico della committenza ‘esterna’, e in particolare quello del reggente duca Andrea Giovine di Girasole, nell’erezione e nell’abbellimento della Nunziatella, cui contribuì pure il fratello Giovan Michele Giovine. Ma il solo Andrea, morto nel 1734 e ivi sepolto, è celebrato nell’epigrafe posta in quell’anno nel pavimento della tribuna come il mecenate che “aram aream apsidem auro pictura marmore basilice ornavit”. Entrambi i Giovine ebbero in ricompensa l’appannaggio d’esservi ritratti (a mezze figure in marmo, opere dello scultore Francesco Pagano nel 1734): cosa eccezionale in quel periodo nelle chiese della Compagnia a Napoli (Nardi 1736). [Augusto Russo]
Bibliografia*
Nardi 1736, p. 119; Ceci 1933c, pp. 11, 15; La mostra della pittura napoletana 1938, p. 331, n. 24; Lorenzetti 1938, p. 192; R. Causa in Mostra di bozzetti napoletani 1947, pp. 54-55, n. 51; Bologna 1962a, p. 76; Enggass 1964, pp. 134-135, fig. 3, passim; Causa 1970, p. 110, n. 101, tav. XXXI; Leonetti Rodinò 1975, p. 22, n. 73; Rizzo 1978, pp. 102-104; Errichetti 1979, p. 38; Bösel 1985, pp. 461-468; Spinosa 1986, pp. 156-157, n. 245; Di Maggio 1987, pp. 48-49; Iappelli 1987, passim, e p. 25; Rizzo 1989, passim, e pp. 19, 33 doc. 33, pp. 36-37 doc. 44; Di Maggio 1991, p. 130, e fig. 16; Il Pio Monte della Misericordia 1991, p. n.n. (ma 18); Iappelli 1993; N. Spinosa in Settecento napoletano 1994, pp. 166-167, n. 17; A. Brogi in Barocco italiano 1995, pp. 210-211, nn. 107-108; Capobianco 1997, p. 67, fig. 57; Causa 1998, p. 225; Di Maggio 1999, p. 41; Guida rapida 2003, p. 18; Spinosa 2003b, p. 200 (e ill. a pp. 194-195); Roettgen 2007, pp. 364-377; Gazzara 2008a, p. 174; Gazzara 2008b, p. 227; Spinosa 2009, p. 32; N. Spinosa in Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte. Dipinti del XVIII secolo 2010, pp. 52-53, n. 48; Leonetti Rodinò 2012, pp. 52, 90; Causa 2014b, pp. 31-32; Bisogno 2015, pp. 53-54; Gazzara 2016, p. 58; In the Light of Naples 2016, pp. 109-113, n. 12; Leonetti Rodinò 2016, p. 70; Russo 2017, pp. 207-232; Bisogno 2018, passim, e p. 66; Lofano 2019, p. 195; Russo 2019, p. 160 nota 30.
Atti e documenti*
inv. Spadetta 1782, c. 6v (Appendice II, 303, s.n.); inv. Palumbo 1782, c. 8v (Appendice II, 304, s.n.); inv. [Venuto 1783?], c. 5v (Appendice II, 305, s.n.); inv. Fischetti, Bardellino I 1783, c. 6r (Appendice II, 307, n. 92); inv. Fischetti, Bardellino II 1783, c. 4r (Appendice II, 308, n. 92); inv. Diana 1802, c. 15r (Appendice II, 309, n. 184); inv. La Volpe, Guerra 1845, c. 25v (Appendice II, 311, n. 184); inv. Simonetti 1851, c. 11v (Appendice II, 314, s.n.); Quadri rimasti invenduti 1884, c. 3r (Appendice II, 315, n. 184); Elenco de’ quadri 1905, n. 91, p. n.n. (ma 5); catalogazione 1925, n. 9; catalogazione post 1933, n. 43.
Mostre*
La mostra della pittura napoletana 1938; Mostra di bozzetti napoletani 1947; Settecento napoletano 1994; In the Light of Naples 2016.
Restauri*
Tatafiore 2006.
Scheda tratta da: P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020, vol. II, cat. n. III.1.93, pp. 446-448 (consultabile online alla pagina https://www.francescodemura.unina.it/le-schede-delle-opere/adorazione-dei-magi/).
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*I rinvii alla bibliografia, ai documenti e ai restauri possono essere sciolti consultando le relative sezioni in P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020.