Madonna Addolorata
1743 [?]
olio su tela, cm 75 x 50
provenienza: Napoli, eredità Francesco De Mura (1782) inv. Spadetta 1782: s.n.; inv. Palumbo 1782: s.n.; inv. [Venuto 1783?]: s.n.; inv. Fischetti, Bardellino I 1783: 133; inv. Fischetti, Bardellino II 1783: 133; inv. Diana 1802: 183; inv. Simonetti 1851: s.n.; inv. 2009-2010: 22; scheda OA: 15/00410001
È il bozzetto relativo alla tela oggi conservata nella Cattedrale di Santa Maria Maggiore a Barletta (dal 1986 concattedrale dell’arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie). All’inizio del secolo scorso il dipinto era ricordato al primo altare a sinistra (cfr. Vista 1900, che lo ammira “per l’avvenenza della figura, la freschezza e la morbidezza delle tinte”). Mimma Pasculli Ferrara (1981) lo segnalava nella Cappella del Santissimo, una delle poche cappelle d’età barocca non smantellate nei restauri moderni; inoltre ipotizzava che esso facesse parte di un programma iconografico, distribuito tra i vari altari, sulla vita della Madonna, dedicataria dell’edificio (Pasculli Ferrara 1983; cfr. pure L. De Rosa in Atlante del Barocco 1996). Raffaello Causa (1970) riferì concisamente l’opera al periodo tardo di De Mura, ricordando, sulla scorta di Michele D’Elia (in Mostra dell’arte in Puglia 1964), un’altra e differente Addolorata di De Mura presente in territorio pugliese, nella chiesa del Carmine a Lucera. Di questo secondo dipinto, peraltro assai raffinato, posto al sontuoso altare della famiglia Scassa, si è venuta poi precisando la cronologia, 1759, grazie ai documenti e allo studio del contesto e della committenza (Rizzo 1981a; Pasculli Ferrara 1985; V. Pugliese in Foggia capitale 1998). Importanti furono, più in generale, l’arrivo e la ricezione di opere dell’artista nelle Puglie, dal Salento alla Terra di Bari alla Capitanata (per un caso significativo di collezionismo privato è da segnalare, altresì, la presenza di svariati quadri riferiti a De Mura un tempo nella raccolta del famoso giureconsulto Niccolò Fraggianni a Barletta: Lofano 2018a). Ormai da tempo è nota una polizza di banco ad acconto nell’ottobre del 1743 (Rizzo 1986; Pavone 1997), da cui sappiamo che De Mura ebbe incarico di dipingere un’Addolorata “per la cappella del signor don Domenico Marulli, sita dentro la chiesa de’ padri carmelitani di Barletta, giusta il convenuto col signor cavalier Marulli e misura da consegnarseli”. Nella polizza le misure della tela, non altrimenti conosciuta, sono specificate in palmi 9 e 14: esse non corrispondono a quelle del dipinto a Santa Maria Maggiore (cm 280 x 190), indicando dimensioni maggiori (cioè all’incirca cm 370 x 240). Cionondimeno, sulla scorta del documento appena citato, forse rimasto un po’ in disparte negli studi, sembra almeno lecito nutrire qualche sospetto che il quadro ora in Cattedrale possa essere quello originariamente destinato al Carmine nella stessa Barletta (quest’ultima chiesa fu soppressa nel 1809 e riaperta al culto solo nel 1836: De Leone 1889). Si deve ricordare, del resto, che nella Cattedrale stessa c’era una cappella di patronato dei Marulli, intitolata all’Assunta (Pasculli Ferrara 1983), cui l’Addolorata in questione dovrebbe essere, per quanto sin qui detto, estranea. I Marulli erano una famiglia importante della città, e i suoi esponenti dovevano avere cappelle private e monumenti in più chiese (cfr. De Leone 1889). Da un’iscrizione sul dipinto a Santa Maria Maggiore si ha memoria, inoltre, che esso fu restaurato all’inizio del Novecento da Giuseppe Gabbiani, pittore e collezionista barlettano, nato nel 1862 (Pasculli Ferrara 1981; cfr. pure A. Di Marzo in Restauri in Puglia 1983, con una nota sul restauro moderno). È noto d’altro canto l’interesse nutrito per De Mura da Gabbiani, la cui raccolta di quadri e disegni, donata tra il 1928 e il 1932 alla città di Barletta e oggi esposta nel locale Museo Civico (cfr. Pugliese 1994), vanta svariati numeri del maestro napoletano o, più propriamente, a lui riferiti nel catalogo della donazione (1932). Dal punto di vista stilistico, il bozzetto in esame e il relativo dipinto denotano una fase di particolare decantazione e insieme di dispiegamento delle possibilità di De Mura, qui impegnato nella misurazione degli affetti, nel rischiaramento atmosferico e al contempo nella pienezza quasi squillante di certe tonalità. L’approfondimento formale è, ad esempio, nella ricchezza intelligentemente superflua di panni che copre la Vergine, uno sfoggio di masse drappeggiate su una figura trafitta. Clara Gelao (2000) ha scritto di “un clima […] arcadico, fatto di passioni rattenute e di dolore svuotato di ogni drammaticità”. Più espanse e accentuate, invece, appaiono la gestualità e l’espressione delle figure studiate nel disegno preparatorio della composizione, non privo di dettagli differenti, transitato presso Marty de Cambiaire a Parigi nel 2014 (nella relativa scheda di catalogo si segnala, inoltre, che un altro bozzetto della tela di Barletta passò presso la Heim Gallery a Londra nel 1973). Si è notato altresì che quest’Addolorata richiama in certi aspetti quella dipinta da Andrea d’Aste (Pasculli Ferrara 1981), uno dei più fedeli allievi di Solimena della prima generazione (precedente a quella di De Mura), per la chiesa napoletana di San Giovanni Battista delle Monache, opera del 1707 (la si veda illustrata in Pavone 1997). Robert Enggass (1961) rilevò a ragione una significativa componente di classicismo romano (D’Aste era stato nell’Urbe) in tale dipinto: quasi un grumo drammatico rappreso nel gesso, e, soprattutto, una traduzione in lingua solimenesca di un’idea di Nicolas Poussin, diffusa dalle stampe. Di certo però, se si trattò di un modello per De Mura, lo sviluppo emotivo e pittorico indicato dal nostro bozzetto, a iniziare dall’apertura gestuale e compositiva, appartiene a un’altra stagione. Del resto la cronologia fissata dal documento succitato alla seconda metà del 1743 (ove si dia per buona l’ipotesi, peraltro posta con cautela, relativa alla provenienza dell’Addolorata) si presterebbe per il meglio ad accogliere tutte le suggestioni e i profitti recenti con cui De Mura rincasava dal soggiorno a Torino, terminato all’inizio di quell’anno, e cioè dopo la conoscenza dell’esempio, forse su tutti, d’un Claudio Francesco Beaumont nell’ambiente internazionale della corte sabauda. L’invenzione della nostra Addolorata fu più avanti riproposta nella sacrestia della chiesa dei Santi Teresa e Giovanni all’Arco Mirelli a Napoli (Causa parlò di “fiacca replica”). Qui pure il dipinto nella volta (in stato di conservazione non buono) dovrebbe dipendere da un’idea di De Mura, più antica, che si richiama alla decorazione del cupolino della Cappella di San Michele Arcangelo già nella chiesa abbaziale di Montecassino, opera a lui commissionata nel 1737 e finita entro il 1739, e testimoniata dal bozzetto al Pio Monte col Sogno di Giacobbe (cat. III.1.106). I dipinti della sacrestia or citata dovrebbero spettare a un allievo tardo di De Mura, Vincenzo de Mita, detto il Foggiano, nel 1777 (cfr. il documento in Rizzo 2001). La fortuna pugliese della composizione barlettana è invece testimoniata, per esempio, dall’Addolorata coi santi Sabino e Filippo Neri, del pittore Giuseppe de Musso (1761), nella Cattedrale di Canosa (D’Agnelli 1999). [Augusto Russo]
Bibliografia*
De Leone 1889, pp. 45, 64-65; Vista 1900, I, p. 71; Ceci 1933c, p. 13; Enggass 1961, p. 307, fig. 16; M. D’Elia in Mostra dell’arte in Puglia 1964, p. 188; Causa 1970, p. 117, n. 131, fig. 45; Leonetti Rodinò 1975, p. 17, n. 12; Pasculli Ferrara 1981, pp. 60-61; Pasculli Ferrara 1981, pp. 60-61, e fig. 14; Rizzo 1981a, p. 34 doc. 17; A. Di Marzo in Restauri in Puglia 1983, pp. 35-36, n. 7; Pasculli Ferrara 1983, p. 162; Pasculli Ferrara 1985; Rizzo 1986, pp. 116-117 doc. 5; Il Pio Monte della Misericordia 1991, p. n.n. (ma 18); Pugliese 1994, pp. 226-227; L. De Rosa in Atlante del Barocco 1996, p. 518; Pavone 1997, pp. 187, 499 doc. XXXI.23, e fig. 70; V. Pugliese in Foggia capitale 1998, pp. 198-199; D’Agnelli 1999, p. 36; Gelao 2000, p. 172; Rizzo 2001, p. 282 doc. 773; Guida rapida 2003, p. 20; Spinosa 2003, pp. 202-203 (solo ill.); Gazzara 2008a, p. 175; Gazzara 2008b, p. 227; Leonetti Rodinò 2012, p. 91; Marty de Cambiaire 2014, pp. 52-53, 101, 121; Lofano 2018a; Lofano 2019, p. 194.
Atti e documenti*
inv. Spadetta 1782, c. 6r (Appendice II, 303, s.n.); inv. Palumbo 1782, c. 8r (Appendice II, 304, s.n.); inv. [Venuto 1783?], c. 5v (Appendice II, 305, s.n.); inv. Fischetti, Bardellino I 1783, c. 8r (Appendice II, 307, n. 133); inv. Fischetti, Bardellino II 1783, c. 5r (Appendice II, 308, n. 133); inv. Diana 1802, c. 15r (Appendice II, 309, n. 183); inv. Simonetti 1851, c. 4v (Appendice II, 314, s.n.); Quadri rimasti invenduti 1884, c. 3r (Appendice II, 315, n. 183); Elenco de’ quadri 1905, n. 89, p. n.n. (ma 5); catalogazione 1925, n. 20; catalogazione post 1933, n. 41.
Restauri*
Piezzo 2006.
Scheda tratta da: P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020, vol. II, cat. n. III.1.110, pp. 473-474 (consultabile online alla pagina https://www.francescodemura.unina.it/le-schede-delle-opere/madonna-addolorata/).
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*I rinvii alla bibliografia, ai documenti e ai restauri possono essere sciolti consultando le relative sezioni in P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020.