Miracoli di san Nicola di Bari
1729
olio su tela, cm 102 x 180
provenienza: Napoli, eredità Francesco De Mura (1782) inv. Spadetta 1782: s.n.; inv. Palumbo 1782: s.n.; inv. [Venuto 1783?]: s.n.; inv. Fischetti, Bardellino I 1783: 98; inv. Fischetti, Bardellino II 1783: 98; inv. Diana 1802: 145; inv. Simonetti 1851: s.n.: 145; inv. 2009-2010: 71; scheda OA: 15/00409978
Questo bozzetto è relativo alla porzione essenziale degli affreschi di De Mura, documentati al 1729, nella piccola cupola d’impianto ellittico sulla campata antistante alla Cappella di San Nicola di Bari, a metà della navata sinistra, in San Nicola alla Carità a Napoli, chiesa un tempo retta dai Pii Operai, che vi avevano la loro principale sede in città (sulla chiesa, in particolare per i documenti: Strazzullo 1964; Vizzari 1993; Scalera 2005-2006). In origine al Pio Monte era pervenuto anche un secondo bozzetto pertinente a quegli affreschi, poi venduto nel 1845 (Ceci 1933c; Gazzara 2008b). A giusta ragione Raffaello Causa (1970) lo individuò in un pezzo da lui stesso pubblicato molti anni prima (in Mostra di bozzetti napoletani 1947) con l’inedita attribuzione a De Mura (ancorché sotto la singolare, e a suo tempo travisata, interpretazione iconografica di Giuseppe venduto dai fratelli); bozzetto allora di proprietà De Gregorio a Napoli, ma di cui frattanto si erano perse le tracce (mai più recuperate agli studi, almeno così pare, a iniziare dall’ignota ubicazione odierna). Infatti i due pezzi, idealmente assemblati, restituiscono il progetto decorativo della cupoletta ricordata; e più esattamente il bozzetto già De Gregorio, di dimensioni inferiori, ovvero meno sviluppato in lunghezza, riguarda una fetta integrativa e tutto sommato marginale della composizione. Tale criterio – cioè una simile distribuzione delle parti in due bozzetti così dimensionati e in rapporto tra loro – ritorna analogo nello studio dei successivi affreschi della cupola di San Giuseppe dei Ruffi a Napoli, come dimostra la relativa coppia di tele tuttora nella quadreria del Pio Monte (cat. III.1.94-95), e dunque potrebbe non essere casuale nel modus operandi del pittore; diversamente la decorazione ancor più tarda già nella calotta del nuovo Sedil di Porto (distrutto) fu studiata da De Mura in ben tre bozzetti (due sono al Pio Monte: cat. III.1.115- 116) orizzontali e uguali in lunghezza.
La cappella di cui si è detto all’inizio corrisponde alla primitiva chiesetta di San Nicola (Galante 1872), probabile ragion per cui è l’unica a presentare un vano sfondato più profondo rispetto alle altre cappelle laterali dell’attuale edificio, consacrato nel 1716 dall’arcivescovo di Napoli il cardinal Francesco Pignatelli (Strazzullo 1964). Gli affreschi della cupoletta in questione, che comprendono i Putti nei quattro piccoli pennacchi, versano in condizioni precarie di conservazione; né i guasti sono recenti, se già a metà dell’Ottocento Luigi Catalani (1845-1853) riporta che nei restauri effettuati in chiesa le pitture rischiarono d’essere cancellate per il loro stato malridotto (le vede in “ruina”, poi, pure Galante 1872).
De Mura vi raffigurò una scena di guarigione degli infermi, e fors’anche d’approvvigionamento in una carestia, per mano del titolare san Nicola, assiso in gloria. Nel nostro bozzetto è meglio apprezzabile questa sorta di processione d’invalidi e derelitti in attesa d’intercessione, oppure, tra l’altro, il gruppo d’angeli che issa l’insegna, riempita nell’affresco con la scritta “innumeris decoratus miraculis”, vessillo innalzato alla popolarità taumaturgica nicolina. La scena è definita da un luminismo e da un gusto teatrale in cui l’eredità di Mattia Preti, in specie di quello delle porte di Napoli, pure si avverte. L’anno d’esecuzione dell’affresco, il 1729, è fissato da un paio di polizze di pagamento, che valsero a De Mura poco meno di 120 ducati (Rizzo 1980; Pavone 1997; Russo 2017).
A favore della conoscenza del contesto si rammenta che il pittore aveva precedentemente operato (ma per ora non si sa con esattezza quando) per questa cappella, dipingendo almeno due delle tele poste nel sottarco d’ingresso, quelle laterali, raffiguranti San Nicola che fa sgorgare una sorgente e San Nicola che guarisce un ossesso. Anzi fu qui che il giovane De Mura – secondo Antonio Roviglione (1731), nelle aggiunte all’edizione napoletana dell’Abcedario pittorico dell’Orlandi – esordì in una commessa pubblica a Napoli, ancor sotto il controllo del maestro Solimena, il quale – a detta poi di De Dominici (1742-1745; cfr. Rizzo 1978) – avrebbe guidato anche l’altro allievo Nicola Maria Rossi nel ciclo del sottarco (nondimeno sembra probabile che pure il San Nicola in gloria al centro, peraltro confuso dal biografo con un Eterno Padre, debba spettare a De Mura: come già in Pavone 1997). Rossi fu altrettanto probabilmente l’autore degli affreschi all’interno della stessa cappella (oggi non più visibili), come suggerito in un’aggiunta alla guida del Celano nella sua prima edizione settecentesca (1724: “Sta detta cappella dipinta a fresco da Niccolò Russo”, nome che, in forza di contesto, dovrebbe identificare il nostro Rossi); qui inoltre si dice che lo spazio era stato adibito a custodire numerose reliquie in urne e armadi, tra cui “una giuntura del dito del detto glorioso san Niccolò vescovo di Mira”. Nella valutazione del momento stilistico indicato dal bozzetto in esame, la critica si è mostrata in sostanza concorde nel vedervi uno dei passaggi nodali per De Mura tra la giovinezza e la prima maturità, ovvero tra la dipendenza e l’affrancamento dal caposcuola. Per Causa (1970) “l’impianto è solimenista, ma la composizione si rallenta, si raggela, perde il vigore di intreccio, l’enfasi”, degli esempi del maestro. Su tali premesse Vincenzo Rizzo (1990a) ha parlato, oltre che di “veemenza della descrittività degli eventi miracolosi”, di “una raffinatezza espressiva e una politezza cromatica che già stavano alla base delle peculiarità stilistiche del De Mura”. Nicola Spinosa (2003b) premia la diligenza “quasi studentesca” di De Mura nell’aderire al Solimena più affermato e normativo, “tra classicismo d’Arcadia e purismo accademizzante”, e al contempo la sua qualità di pittura superiore alla secchezza imitativa di tanti altri allievi meno dotati.
De Mura era ormai autonomo, prima di tutto al livello operativo. Orbene, il passaggio di testimone non potrebbe essere, per certi versi, più lineare. Da alcune carte d’archivio, segnalate da Citti Siracusano (1980) ma solo di recente vagliate (un libriccino di consulte dei Pii Operai della casa di San Nicola alla Carità), si viene a sapere che l’incarico della cupoletta in questione (dove fu coinvolto anche l’architetto Giovan Battista Nauclerio) rappresentò per De Mura una sorta di banco d’esame, con cui la committenza intendeva saggiare le capacità del pittore, soprattutto nella pratica dell’affresco, in vista del ben più ambizioso progetto della decorazione della cupola maggiore della chiesa (per quest’ultima impresa si era già pensato, sin dal 1722, a Solimena: la vicenda è ricostruita in Russo 2019, con bibliografia precedente). Evidentemente andata a buon fine quella prova, il lavoro andò in effetti a De Mura, che affrescò la cupola grande tra il 1733 e il 1734 con l’Accoglienza di san Nicola nel Paradiso, pittura anch’essa (e non da oggi) sciupata, la cui invenzione è meglio testimoniata dal bozzetto (N. Spinosa in Settecento napoletano 1994) ora nella Compton Verney Art Gallery, U.K. [Augusto Russo]
Bibliografia*
Celano 1724, II, pp. 11-12; Roviglione 1731, p. 449; De Dominici 1742-1745, III (1745), p. 686; Catalani 1845-1853, II (1853), p. 46; Galante 1872, p. 353; Ceci 1933c, p. 12; R. Causa in Mostra di bozzetti napoletani 1947, p. 54, n. 50, fig. 28; Strazzullo 1964, passim; Causa 1970, pp. 71, 109, n. 98, tav. XL; Leonetti Rodinò 1975, p. 21, n. 60; Rizzo 1978, pp. 98- 99,110- 111 nota 22; Rizzo 1980, p. 41 doc. 1; Siracusano 1980, p. 49 nota 8; Rizzo 1990a, p. 676; Il Pio Monte della Misericordia 1991, p. n.n. (ma 19); Vizzari 1993; N. Spinosa in Settecento napoletano 1994, pp. 168-169, n. 18; Capobianco 1997, pp. 66-67, fig. 55; Pavone 1997, p. 48, p. 181 e fig. 86, p. 489 docc. XXXI.9-10; Guida rapida 2003, p. 30; Spinosa 2003b, p. 200; Scalera 2005-2006; Gazzara 2008a, p. 174; Gazzara 2008b, pp. 226, 231; Spinosa 2009, p. 32; Leonetti Rodinò 2012, pp. 50, 90; Leonetti Rodinò 2016, p. 69; Russo 2017, pp. 61, 71-72; Lofano 2019, p. 195; Russo 2019, pp. 152-153, fig. 17; Russo 2019, passim.
Atti e documenti*
inv. Spadetta 1782, c. 8r (Appendice II, 303, s.n.); inv. Palumbo 1782, c. 9v (Appendice II, 304, s.n.); inv. [Venuto 1783?], c. 5r (Appendice II, 305, s.n.); inv. Fischetti, Bardellino I 1783, c. 6v (Appendice II, 307, n. 98); inv. Fischetti, Bardellino II 1783, c. 4r (Appendice II, 308, n. 98); inv. Diana 1802, c. 12v (Appendice II, 309, n. 145); inv. Simonetti 1851, c. 7r (Appendice II, 314, s.n.); Quadri rimasti invenduti 1884, c. 2v (Appendice II, 315, n. 145); Elenco de’ quadri 1905, n. 97, p. n.n. (ma 5); catalogazione 1925, n. 10; catalogazione post 1933, n. 42.
Restauri*
Russo 2005-2006.
Scheda tratta da: P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020, vol. II, cat. n. III.1.92, pp. 444-445 (consultabile online alla pagina https://www.francescodemura.unina.it/le-schede-delle-opere/miracoli-di-san-nicola-di-bari/).
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*I rinvii alla bibliografia, ai documenti e ai restauri possono essere sciolti consultando le relative sezioni in P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020.