Sant’Agostino
1765-1775 circa
olio su tela, cm 76 x 50
provenienza: Napoli, eredità Francesco De Mura (1782) inv. Spadetta 1782: s.n.; inv. Palumbo 1782: s.n.; inv. [Venuto 1783?]: s.n.; inv. Fischetti, Bardellino I 1783: 142; inv. Fischetti, Bardellino II 1783: 142; inv. Diana 1802: 28; inv. La Volpe, Guerra 1845: 28; inv. Simonetti 1851: s.n.; inv. 2009-2010: 18; scheda OA: 15/00410000
È il bozzetto della pala d’altare centinata, e slanciata per formato, nella chiesa di Santa Caterina da Siena a Napoli (Causa 1970). L’iconografia è piana e mostra il vescovo d’Ippona che indossa la cocolla nera degli agostiniani sotto le insegne episcopali, e reca in mano il cuore fiammante, simbolo d’amore e slancio in Dio (nel libro IX delle Confessioni Agostino scrive così: “sagittaveras tu cor meum charitate tua”).
Parte di un complesso un tempo di terziarie domenicane, l’interno di Santa Caterina da Siena, a navata unica, elegante e insieme sonoro, è il frutto della rifazione avviata negli anni Sessanta del Settecento, su progetto di Mario Gioffredo (sul cantiere e le maestranze cfr. la documentazione in Nappi 1979). “Ed è un luogo che merita esser veduto per la bella simmetria dell’architettura, per le dipinture così della soffitta fatta da Fedele Fischetti [datata 1766], come dei quadri dell’altare maggiore, e delle cappelle, la maggior parte del cennato Fischetti e di Giacinto Diana” (Sigismondo 1788-1789). Presso le Notizie del Celano nell’edizione di Salvatore Palermo (1792) si legge, inoltre, che “la chiesa si è ridotta vaghissima: tutti gli altari e gli archi di essi son di marmo”. Queste incrostazioni marmoree, “del tipo a lastre intere con venature disposte ‘a macchia aperta’” (Blunt 2006), sono prova di una sensibilità per le superfici che superava la tradizionale tecnica del commesso e le sue trame disegnate e illusive di matrice naturalistica (cosa non irrilevante, come si dirà, per l’integrazione con le pitture).
Nella periegetica tardo-settecentesca e ottocentesca i dipinti destinati alle nuove cappelle (con pianta semicircolare, a mo’ di grandi nicchie) sono in genere riferiti, senza particolari distinzioni, ai due pittori summenzionati (Galante 1872). Fischetti ricevé pagamenti tra il 1765 e il 1767, e il marmoraro Antonio di Lucca ebbe una caparra nel 1765 (Nappi 1979); il Calvario nella seconda cappella a destra è firmato da Giacinto Diano e datato 1782. Non sono noti al momento documenti relativi alla pala con Sant’Agostino, che si trova nella prima cappella a destra. La spettanza a De Mura, in cui sembra da contemperare un fisiologico contributo della bottega nell’esecuzione, è confermata proprio dal relativo bozzetto al Pio Monte (cfr. A. Alabiso in Galante 1872, che inoltre registra l’attribuzione al pittore, da parte di Nicola Spinosa, anche della Madonna del Rosario in un’altra delle cappelle). Vincenzo Rizzo (1990a) ha datato il dipinto al 1760-1761, quando De Mura era impegnato alle tre grandi tele per l’Annunziata di Napoli, rifatta su progetto di Luigi Vanvitelli, dopo l’incendio che nel 1757 devastò la chiesa (per questa fase tarda di De Mura cfr. soprattutto Rizzo 1980). Tuttavia parrebbe logico posticipare la cronologia del Sant’Agostino almeno al 1765 e oltre, in concomitanza con gli incarichi a Fischetti e a Di Lucca, se non al decennio seguente.
Non irresistibile la qualità del bozzetto, almeno parzialmente riscattata – stavolta – dallo svolgimento della pala (dove, peraltro, una coppia d’angeli sostituisce le colonne binate visibili nello studio); una pala in tutto decorosa, e ben integrata nel suo contesto, cioè tra le circostanti superfici marmoree policrome, con particolare riferimento alla gamma dei gialli-arancio e verdi. Da questo punto di vista, che si direbbe inclusivo e contestuale, il rapporto del dipinto con l’esterno e l’effetto d’assieme sono paragonabili a quanto si vede nella chiesa dei Santi Marcellino e Festo, al transetto sinistro, dove la pala di De Mura – la Madonna col Bambino e san Benedetto, documentata al 1759-1760 – si mostra in una sintonia di masse e colori con la superba orchestrazione marmorea (in specie d’alabastri) alla parete, di gusto romanoclassicheggiante, dovuta al restauro dello stesso Gioffredo e del Vanvitelli (G. Cantone in Campania barocca 2003). Ma ciò non sposta di molto che col Sant’Agostino in Santa Caterina da Siena si è dinanzi a un esempio della curva per lo più declinante del maestro nell’avanzata maturità; oppure, e forse meglio, a un esito di pittura dal tono sobrio e sereno, semplificato, che era la via a un classicismo più attuale e pur sempre di compromesso rispetto alla tradizione barocca e decorativa di provenienza. Un confronto, per stile, impostazione e carattere complessivo dell’effigie, è poi facilmente istituibile, ad esempio, col San Liborio in San Nicola alla Carità, opera anch’essa molto tarda, del 1773 circa (cfr. cat. III.1.128), o col San Giovanni Nepomuceno di Caiazzo, “altro esempio di efficacia descrittiva e coloristica” (Rizzo 1980). [Augusto Russo]
Bibliografia*
Sigismondo 1788-1789, II (1788), p. 291; Celano 1792, V, p. 85; Galante 1872, p. 372; Ceci 1933c, p. 14; Causa 1970, p. 117, n. 130, fig. 44; Leonetti Rodinò 1975, p. 21, n. 59; Nappi 1979, passim, e pp. 191-193; Rizzo 1980, passim, e p. 40; A. Alabiso in Galante 1872 [1985], p. 247 note 185,189; Rizzo 1990a, p. 679; G. Cantone in Campania barocca 2003, pp. 129-130; Il Pio Monte della Misericordia 1991, p. n.n. (ma 18); Capobianco 1997, p. 66; Guida rapida 2003, p. 30; Blunt 2006, p. 241; Gazzara 2008a, p. 175; Gazzara 2008b, p. 222; Leonetti Rodinò 2012, p. 91; Lofano 2019, p. 198.
Atti e documenti*
inv. Spadetta 1782, c. 13v (Appendice II, 303, s.n.); inv. Palumbo 1782, c. 14r (Appendice II, 304, s.n.); inv. [Venuto 1783?], c. 1v (Appendice II, 305, s.n.); inv. Fischetti, Bardellino I 1783, c. 9r (Appendice II, 307, n. 142); inv. Fischetti, Bardellino II 1783, c. 5v (Appendice II, 308, n. 142); inv. Diana 1802, c. 4v (Appendice II, 309, n. 28); inv. La Volpe, Guerra 1845, c. 29r (Appendice II, 311, n. 28); inv. Simonetti 1851, c. 11r (Appendice II, 314, s.n.); Quadri rimasti invenduti 1884, c. 2r (Appendice II, 315, n. 28); Elenco de’ quadri 1905, n. 36, p. n.n. (ma 3); catalogazione 1925, n. 6.
Restauri*
Piezzo 2006.
Scheda tratta da: P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020, vol. II, cat. n. III.1.126, pp. 507-508 (consultabile online alla pagina https://www.francescodemura.unina.it/le-schede-delle-opere/santagostino/).
Tutti i diritti della pubblicazione sono riservati: © copyright 2020 prismi editrice politecnica napoli srl; © copyright 2021 artem srl (per l’intero catalogo); © copyright degli autori (per i testi e gli apparati).
*I rinvii alla bibliografia, ai documenti e ai restauri possono essere sciolti consultando le relative sezioni in P. D’Alconzo, L.P. Rocco di Torrepadula (a cura di), Pio Monte della Misericordia. Il patrimonio storico e artistico, Napoli, Arte’m, 2020.