Campagna diagnostica
La campagna diagnostica condotta sui dipinti della Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia
La ricerca si è incentrata sullo studio tecnico dei quaranta dipinti di Francesco De Mura conservati nella Pinacoteca del Pio Monte della Misericordia. Questo nucleo è quanto rimane dell’ampio lascito testamentario del pittore all’istituzione, che inizialmente consisteva di poco meno di duecento dipinti.
L’obiettivo è stato non solo quello di documentare la tecnica impiegata dal pittore, ma anche di ottenere dati utili a verificare eventuali cambiamenti nel processo esecutivo lungo i decenni in cui sono compresi questi dipinti (dagli anni Venti ai Settanta del Settecento). Molte delle opere sono di formato piccolo o intermedio, mentre soggetti e iconografie sono direttamente correlabili a dipinti murali, principalmente conservati nelle chiese napoletane. La maggior parte delle tele è dunque associabile alla tipologia dei bozzetti, ma è anche possibile che si tratti di ricordi o modelli, pertanto lo studio tecnico intendeva anche approfondire questo aspetto.
La campagna diagnostica si è sviluppata utilizzando metodiche non distruttive di imaging multispettrale:
- Fotografie e macrofotografie in luce visibile (VIS)
- Fotografie e macrofotografie in luce radente
- Riflettografie all’infrarosso
- Fotografie all’infrarosso in bianco e nero (IR B/N)
- Fotografie all’infrarosso in falsi colori (IR FC)
- Fotografie della fluorescenza indotta da radiazioni Ultraviolette (UV)
Sono inoltre state effettuate misure puntuali, sempre non distruttive, con la Fluorescenza dei raggi X (XRF).
Per le indagini sono state usate queste strumentazioni:
IMAGING MULTISPETRALE (VIS – IR B/N – IR FALSI COLORI – UV)
Fotocamera digitale Nikon D850 modificata – obiettivo Micro Nikkor 65 mm
Lampade alogene 800 W – lampade UV (365 nm)
RIFLETTOGRAFIA ALL’INFRAROSSO
Sistema di scansione Apollo (Opus instruments), sensore InGaAs (1700nm)
ANALISI DELLA FLUORESCENZA DEI RAGGI X (XRF)
Spettrometro ELIO (Bruker)
Ciascun dipinto è stato analizzato con le stesse metodiche ed effettuando le riprese a distanze comparabili, in modo da poter confrontare i risultati nel modo più adeguato. Sono state effettuate anche riprese del retro delle opere.
Nel complesso, sono state eseguite circa 600 riprese di imaging multispettrale e circa 500 punti di analisi XRF.
Le immagini al visibile, infrarosso in bianco/nero, infrarosso in falso colore e ultravioletto sono state sovrapposte in file multilivello, per offrire un più agevole strumento di studio.
Le tecniche impiegate offrono dati utili alla conoscenza della tecnica esecutiva e dei materiali costitutivi, ma è stato fondamentale documentare anche lo stato di conservazione, acquisendo le relazioni dei restauri (prevalentemente eseguiti nei primi anni 2000) che hanno interessato i dipinti e realizzando fotografie in Fluorescenza UV.
La notevole mole di dati prodotti offre informazioni su tutti gli strati costitutivi dei dipinti, dal supporto agli strati di finitura: ne è emersa una notevole continuità nell’uso di materiali, e in parte anche nei procedimenti esecutivi.
L’osservazione diretta e ravvicinata e la documentazione macrofotografica mostrano in tutte le opere analizzate l’impiego di supporti ad armatura tela (un filo di ordito e uno di trama) molto fitti. Tutti i dipinti sono stati rifoderati, pertanto il conteggio dei fili non può essere effettuato con precisione, potendo osservare la tela solo dal fronte, in quelle rare zone in cui essa è coperta dalla sola preparazione. Non sono risultate evidenti cuciture di differenti pezze di tela, neppure nelle opere di grande formato, ma il dato andrebbe confermato con indagini radiografiche.
La preparazione è talvolta visibile lungo i margini delle opere (es. Madonna delle Grazie e santi), mentre in altri casi traspare attraverso le svelature o lungo i bordi delle figure. La tonalità è bruna, tendente allo schiarimento nelle opere cronologicamente più avanzate. Nei casi in cui la preparazione è direttamente visibile, perché in prossimità dei margini non è coperta della pittura, se ne osserva la stesura in due strati, il secondo dei quali generalmente contiene anche grani di pigmento, o inclusi forse di tipo sabbioso che, affiorando, conferiscono alla superficie un effetto scabro. L’analisi XRF indica l’impiego di terre e biacca.
La riflettografia infrarossa ha documentato con una certa difficoltà la presenza di underdrawing (disegno soggiacente). Ciò può essere dovuto a diversi fattori: le linee del disegno, infatti, talvolta non sono rilevabili a causa dello scarso contrasto con la preparazione e/o per lo spessore degli strati pittorici; va anche considerato che alcuni pigmenti, quali i neri o i bruni, assorbono le radiazioni infrarosse e dunque non consentono di leggere al di sotto delle campiture; infine, nel caso in cui la traccia del disegno corrisponde a linee di contorno che coincidono con la redazione finale, risulta assai complesso capire se si tratti di linee superficiali o soggiacenti.
Nonostante ciò, in diversi dipinti di osservano linee disegnative scure e di ampiezza diversa, finalizzate a definire i contorni delle figure. Nelle opere di minori dimensioni, quando caratterizzate da una esecuzione più veloce, il tratto disegnativo svolge anche il ruolo di contorno finale.
Sia nei dipinti di piccolo formato che nelle grandi pale, è talvolta presente una fascia scura che contorna le figure, ben visibile all’infrarosso. Potrebbe trattarsi di un contorno o anche di una base cromatica presente al di sotto di alcune figure, finalizzata a scurire il tono della preparazione e preparare le aree in ombra.
Nel caso del Riposo nella Fuga in Egitto, oltre alle fasce scure intorno alle teste, si nota che l’ingombro della palma viene risparmiato dalla stesura del cielo, rivelando all’infrarosso riflettografico una sagoma schematica che poi le stesure pittoriche arricchiscono, anche con alcune variazioni.
In riflettografia infrarossa non sono state osservate modifiche compositive di grande rilievo. Tra le poche vanno citate lo spostamento della testa di San Benedetto provvede di grano i monaci e quello del braccio di Agar in Agar e Ismaele. Sono rare anche le sovrapposizioni di campiture.
Le stesure pittoriche sono eseguite con pennellate essenziali in alcuni bozzetti, mentre nei dipinti di grandi dimensioni sono maggiormente presenti le velature finali. Nel caso dei paesaggi sul fondo della Maddalena e del Riposo nella Fuga in Egitto, una velatura superficiale copre leggermente la pittura della vegetazione, conferendo una resa sfumata e atmosferica.
La cromia delle tele varia da toni molto brillanti ai colori desaturati, con effetti opachi, forse appositamente ricercato nelle opere più direttamente collegate alla decorazione murale.
L’analisi XRF ha però mostrato che Francesco De Mura utilizza una tavolozza semplice, costante negli anni.
I verdi, i bruni, gli aranciati e i gialli sono principalmente a base di terre, i bianchi con biacca, il rosso brillante contiene Cinabro. Non sono stati individuati pigmenti a base di rame, se non nelle foglie raffigurate nel Ritratto di Anna Ebreù.
Gli azzurri sono probabilmente eseguiti con Blu di Prussia (Ferrocianuro ferrico), dal momento che l’analisi XRF registra la presenza di ferro e non ha individuato elementi relativi allo smaltino (Cobalto arsenico, Nickel) o all’azzurrite (Rame). Non si può escludere che sia stato usato l’oltremare, pigmento non rilevabile mediante XRF, benché la tonalità delle stesure rimandi piuttosto al Blu di Prussia, pigmento che tra l’altro, introdotto ai primi del Settecento, divenne subito molto diffuso.
Il Cinabro, oltre che nei panneggi rossi, è utilizzato nei toni rubizzi degli incarnati e intona cromaticamente alcuni panneggi aranciati, come nel caso delle due versioni di Aurora e Titone. [Maria Beatrice De Ruggieri]